Vedere una serie inglese è come vedere una serie americana in cui però attori e registi siano nati e cresciuti in Europa... da un lato si riconosce subito che i sudditi di Sua Maestrà sono caduti dallo stesso albero da cui sono cascati gli yankee, ma dall'altro non si può neanche fare a meno di sentirli anche irrimediabilmente europei.

La cosa è già di per sé surreale, perché invoca due tipi di familiarità: quella (artificiale) con la cultura americana, frutto del bombardamento mediatico, e quella (naturale) con la propria esperienza di tutti i giorni. Un qualcosa di contemporaneamente distante ed estraneo, ed allo stesso tempo vicino e familiare.

Spaced è la storia di un gruppo di tardo-ventenni e delle loro surreali avventure, quel tipo di avventure che si possono vivere solo in quel periodo magico in cui si è già abbastanza cresciuti da poter fare ciò che si vuole della propria vita, ma anche non ancora abbastanza cresciuti da sentire il peso delle responsabilità e del tempo che avanza inesorabile.
Per la maggior parte delle puntate si ride, e si ride di brutto. Spaced è la serie che ha battezzato il trittico formato da Edgar Wright alla regia e Simon Pegg e Nick Frost alla recitazione, anche se qui in realtà il nucleo è più ampio e comprende anche Jessica Hynes (all'epoca Jessica Stevenson, coprotagonista e scrittrice dello show insieme a Pegg).

Un quartetto d'eccezione che, affiancato da una serie di comprimari assolutamente fuori di testa, dà vita a delle gag memorabili, fatte di tempi comici perfetti e di quell'umorismo tagliente e sagace, ma al tempo stesso ancorato alla realtà e alla vita "vera", che si può ritrovare solo nelle produzioni realizzate al di qua dell'Atlantico.

Al tempo stesso però c'è una vena malinconica che percorre il tutto, e che in certe puntate esplode in tutta la sua consistenza bluastra, lasciando tanto esterrefatti quanto più si pensa alle risate che si sprecavano fino a pochi istanti prima. C'è un po' della tradizione europea, in fondo, nell'infilarci sempre una punta di amaro in mezzo al dolce.
Qui non siamo di fronte alla ricerca esasperata della battuta di un The Big Bang Theory, e in fondo neanche abbiamo a che fare con la paciosa e totale disconnessione dalla realtà di un The IT Crowd... in Spaced ogni tanto torna a fare capolino la realtà, che chiede il conto ai protagonisti (ed in particolare alla coprotagonista) senza possibilità di appello.

È nella seconda serie che, in particolare, si ritrovano i momenti più neri, compreso un finale che lascia un po' l'amaro in bocca (anche per la conclusione prematura del tutto, che dura solo 14 episodi in totale).

Forse era proprio per questo progressivo disincanto che si è scelto, nonostante diverse voci che davano per certo il contrario, di non proseguire con una terza serie. Pegg e la Hynes non sarebbero potuti rimanere per sempre dei tardo-ventenni squattrinati, dediti alle giornate perse davanti alla TV e alle serate affogate nelle risate e nell'alcool dei pub.
Ad un certo punto sarebbero dovuti inevitabilmente crescere, un po' come gli amici di Friends... e non sarebbero stati più loro. E lì, forse, la punta di amarezza sarebbe diventata un orrendo torrente di patetico buonismo.

Meglio di no.

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