Non posso davvero definirmi un fan di Kill Screen: a parte l'impostazione che se la crede un po' troppo, certi articoli li trovo così leccatamente hipster che mi verrebbe da vomitare lamette solo per affogarne il gusto dolciastro nel sangue. Certi altri però sono interessanti, e ieri m'è capitato di leggerne uno che, idealmente, potrebbe affiancarsi alla serie di post passata di qui tempo fa, in cui un po' di persone hanno parlato di come scrivono le loro recensioni.
Evidentemente ai modaioli disgustosamente fighetti di Kill Screen l'idea è piaciuta e me l'hanno copiata, con questo articolo in cui intervistano un critico culinario e uno musicale a proposito di cosa significhi essere un critico, appunto, al giorno d'oggi.
Ne emergono temi interessanti: anzitutto, la velocità che, al tempo della rete, ha preso il sopravvento sulla qualità, ma anche il bisogno emotivo ed infantile dei lettori di vedere confermate le proprie opinioni, e infine anche cosa voglia dire in sé fare e scrivere una critica. Insomma, dateci una letta!
Kill Screen è la rivista che porterà i videogiochi nei salottini d'attesa degli hair stylist più in |
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