E così ci siamo. Questo post contiene la prima parte (su quattro totali) dell'ultimo articolo dedicato alla storia dell'Amiga scritto da Jeremy Reimer per Ars Technica. Ultimo per ora, visto che Jeremy ha dichiarato di voler arrivare fino alla fine. Ce la farà prima che nel 2012 (fatti salvi i Maya) esca Commodore: The Amiga Years (seguito di Commodore: A Company on the Edge, entrambi di Brian Bagnall)?

Di seguito non troverete la risposta a questa domanda. Al suo posto, inizierà una lunga serie di aneddoti e retroscena che Jeremy ha raccolto - anche direttamente dai lettori di Ars Technica, tra cui evidentemente se ne celava qualcuno dal passato amighista - a riguardo delle case di sviluppo, dei publisher ed in generale di tutto il mondo che girava intorno ai giochi per Amiga. Disponibile anche in originale, per chi vuole, qui.

INTRODUZIONE

L'Amiga era nato console, ma era entrato in un mondo in cui l'industria videoludica era già affermata e stava rapidamente cambiando. Da tempo erano finiti i giorni in cui un coder solitario rimaneva in piedi tutta la notte nel suo seminterrato per 6 settimane, per tirare fuori una hit per l'Atari 2600. Anche l'industria dei videogame per computer, più giovane e piccola come dimensioni, era andata molto avanti rispetto a quando Roberta Williams metteva i floppy in bustine di plastica a chiusura ermetica e rispondeva alle telefonate dei giocatori dalla cucina. Il successo del Commodore 64 (e, dall'altra parte della barricata, del Sinclair Spectrum) significò maggior denaro a disposizione per lo sviluppo di giochi per computer, e fu una cosa buona, dato che le più potenti macchine a 16 bit cominciavano a mettere seriamente alla prova i limiti dei team di sviluppo formati da un'unica persona.

Per la prima volta cominciarono a nascere carriere specialistiche nello sviluppo dei giochi. I 4096 colori dell'Amiga avevano bisogno di essere usati da gente con talento artistico, che creasse sprite e sfondi. Il chip sonoro a quattro canali campionati non chiedeva altro che dei musicisti che lo facessero suonare. Le dimensioni e la complessità crescenti dei giochi cominciarono a richiedere che qualcun altro oltre ai programmatori li testasse prima del rilascio. E, per finire, c'era bisogno di nuove figure dirigenziali per supervisionare il lavoro di tutte queste persone.

VITE IN TRINCEA

Trovare queste persone non era facile. In molti casi i team di sviluppo si formavano grazie a ragazzi appena usciti dalle superiori che assumevano altri loro coetanei - persone che avevano conosciuto a scuola o nei computer club. Alcune delle società di sviluppo più grandi, come la Ocean, avevano un gruppo stabile di sviluppatori interni, ma per la maggior parte dei giochi il lavoro veniva comunque svolto da team esterni. Questi team, spesso costituiti da ragazzini, erano pericolosamente instabili. La maggior parte non durava più di due giochi. Personalità in conflitto, diatribe, discussioni per contratti affrettati o del tutto inesistenti e fondi che sparivano erano tutte difficoltà che mettevano a dura prova anche le amicizie più solide. Quando uno studio aveva disperato bisogno di denaro, gli sviluppatori e gli artisti arrivavano a lavorare 16 ore al giorno - e oltre. I manager potevano chiamare gli sviluppatori alle due di notte per assicurarsi che stessero ancora lavorando. Miha Rinne, che lavorava alla Terramarque, mi ha raccontato di come il suo supervisore gli avesse chiesto di prendere nota del tempo che spendeva scrivendo note, facendo backup, e persino per andare in bagno! Più in là avrebbe fatto nascere un fumetto dalle sue esperienze nell'industria videoludica.
Il glamour dello sviluppo in ambito videoludico
Nonostante le lunghissime giornate lavorative e la paga misera, c'era comunque un sacco di gente che non vedeva l'ora di sviluppare giochi, e molti di coloro che già lo facevano si consideravano fortunati. Uno di loro era Daniel Filner, che convertì due classici LucasArts, LOOM e Indiana Jones, per Amiga. Nelle sue parole: "A 17 o 18 anni il 'lavoro dei miei sogni' era più o meno 1) supereroe 2) pilota di X-Wing o di qualche altro tipo di astronave 3) programmatore di videogiochi".

Allora, come oggi, c'era una grande distanza tra i team di sviluppo ed i publisher, e gli obiettivi delle due parti non sempre coincidevano. I publisher volevano massimizzare i guadagni, per cui molti giochi venivano rilasciati su "tutti i formati" - per l'Amiga, per l'Atari ST, in versione ridotta per l'IBM PC, ed anche in versioni per i vecchi computer a 8 bit, Commodore 64 e Spectrum in testa. Ciò richiedeva che i giochi si allineassero al minimo comune denominatore, così che gli sviluppatori non potevano scatenare appieno la potenza dell'Amiga.

Alcune compagnie di sviluppo, come la Psygnosis, seguirono un'altra strada. Si concentrarono sulle macchine a 16 bit e cercarono l'impatto grafico con tutte le loro forze. Questa strategia si rivelò un successo, dato che finalmente diede ai possessori delle macchine più vecchie una ragione per fare l'upgrade. Man mano che gli anni 80 passavano, altre compagnie cominciarono a seguire l'esempio della Psygnosis. L'Amiga divenne la macchina su cui mostrare orgogliosi dei giochi che andavano oltre i limiti di ciò che veniva ritenuto possibile. Ciò a sua volta attirò personaggi eccezionali, come l'artista Jim Sachs, che fu attratto dall'idea di poter fare qualcosa di unico.

"Mi sono davvero divertito in quei primi giorni dell'Amiga. Non vedevo l'ora di alzarmi la mattina, sapendo che avrei creato effetti nuovi di zecca mai visti prima sullo schermo di qualsiasi computer."

Anche se la scena dei giochi per computer era - allora come ora - più ridotta rispetto a quella su console, ebbe comunque un effetto al di fuori del suo piccolo mondo. Michael Crick, autore del gioco WordZap, ha raccontato una storia sull'allora amministratore delegato della Nintendo (la cui figlia era amica di quella di Michael), che si avvicinò a Michael mentre giocava a Defender of the Crown sul suo Amiga. Il capo della Nintendo, della compagnia che stava sormontando l'industria videoludica come un colosso, non poté far altro che rimanere a guardare, sbalordito, il computer, mormorando una serie di "great graphics, great graphics".
La grafica di Jim Sachs per Defender of the Crown

RIVISTE E RECENSORI

Questa industria generò una comunità, il cui punto focale furono le riviste, sia quelle già affermate che altre nuovi, che facevano incontrare gli sviluppatori, i giochi, ed i giocatori. Tom Malcolm ha passato sei anni a recensire giochi per .info, una delle riviste più popolari di quei giorni. A proposito ricorda che "Ogni gioco che usciva per l'Amiga, o l'avevo visto in azione o ci avevo giocato. Ogni giorno il camion dell'UPS, che chiamavamo 'il camion dei giochi', arrivava sul retro e scaricava un altro carico di giochi." Alcuni giorni i giochi potevano arrivare ad essere più di una dozzina.

Il rapporto tra i recensori e gli sviluppatori era amichevole. Erano tempi più innocenti, prima dei ci fossero PR al soldo delle compagnie più grandi a fare pressioni per ottenere punteggi "più appropriati" per i propri giochi. Tom visitava spesso gli uffici della Psygnosis. Il suo gioco preferito era un oscuro sparatutto a scorrimento orizzontale chiamato Menace, e gli sviluppatori gli rivelarono un cheat code: "xr4titurbonutterbastard". Questo codice si basava sulle abitudini di guida di uno degli sviluppatori, con cui tutti evitavano di viaggiare quando era al volante. Tempo dopo, durante una fiera a Chicago, lo stesso sviluppatore portò alcuni suoi colleghi a farsi un giro sulla sua decappottabile, per restituirgli il favore.

Nell'ottobre del 1989 Tom aveva in programma di andare in California per fare il suo solito giro dei publisher. Tre giorni prima che partisse c'era stato il terremoto di Loma Pietra. Tom ricorda l'evento come un'esperienza surreale: "All'aeroporto di San Francisco c'erano pezzi di soffitto sul pavimento, il Marina District andava a fuoco ed era crollata una sezione del Bay Bridge, e l'autostrada di Oakland era in frantumi. Sono andato alla Electronic Arts alla Redwood City, dove David Dempsey, uno del reparto marketing, mi mostrò le grandi crepe che si erano aperte nella tromba della scale. Le persone al lavoro erano scosse, ma stavano comunque cercando duramente di andare avanti. Ero un po' nervoso a intromettermi con questa gente così presto dopo il terremoto, ma tutti loro sembrarono grati per la distrazione che gli procuravo." Neanche il mondo che andava a pezzi era abbastanza per allontanare questi sviluppatori dal loro lavoro.

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