Eh, gli anni 80. Gli anni della superficialità, dell'apparire a tutti i costi, del cinismo e dell'affarismo. Cioè più o meno come oggi, tranne che allora non c'erano internet, la globalizzazione e la crisi economica.
In ogni caso, i nerd informatici di oggi, e in particolar modo quelli che in quel decennio ci sono nati e cresciuti, non possono non ricordare gli eighties con affetto, perché in quegli anni ebbero modo di partecipare in prima persona alla rivoluzione dell'informatica, e di vederla crescere insieme a loro.
A quell'epoca si formarono tanti programmatori in erba, che passavano ore a ricopiare i listati delle riviste con precisione da amanuensi e a sperimentare col codice di notte, illuminati solo dalla fioca luce dei monitor. Specie nelle città più grandi cominciarono a nascere i primi club di appassionati, ed il passaggio logico successivo sarebbe dovuto consistere nella formazione di vere e proprie software house. In Italia però ciò si cominciò a realizzare con ampio ritardo rispetto al mondo anglosassone prima e francofono poi.
Recensopoli non analizzerà più di tanto i motivi di questo ritardo, ma si limiterà a raccontarvi, in una serie di post incompleti e approssimativi come al solito, ma scritti con occhio lucido e lacrimuccia d'ordinanza, la storia delle prime software house italiane che si avventurarono nel mondo dei videogiochi, spesso uscendone con le ossa rotte. Iniziamo quindi con la prima software house che è... Systems Editoriale, una casa editrice specializzata in riviste d'informatica.
L'unico club di cui sia mai stato membro, in effetti |
Attiva fin dal 1977, nel 1982 dà alle stampe il primo numero di Commodore Computer Club. CCC, come la chiamavano i lettori, è stata, senza ombra di dubbio, LA MIGLIORE RIVISTA D'INFORMATICA MAI PUBBLICATA IN ITALIA.
Mentre alla Olivetti interessava vendere i propri PC, alla Systems interessava formare i propri lettori, ed è per questo che come macchina di riferimento scelse il Commodore 64, che era allora il computer più diffuso, anche e forse soprattutto grazie ad un prezzo molto più accessibile rispetto a quello dei PC. Questo legame a doppio filo con il C64 da una parte e con i lettori dall'altra non si sarebbe mai spezzato, e anche quando Commodore (che sponsorizzava ufficialmente CCC) fece pressioni per far dedicare, a fini promozionali, più spazio ad articoli dedicati ai fallimentari C16 e Plus/4, la Systems disse (mi piace pensare con queste parole) NO PERCHÉ SONO COMPUTER PENOSI E I NOSTRI LETTORI NON HANNO SOLDI E TEMPO DA BUTTARE. Pensate alle riviste d'informatica odierne, che cominciano a scodinzolare e sbavare non appena viene annunciato il nuovo Windows o il nuovo Office.
Industria e giornalismo |
Le riviste Systems furono una vera e propria scuola e palestra per tutti quei programmatori in erba di cui si diceva nell'introduzione, perché erano le uniche dove davvero il lettore veniva preso per mano e gli venivano spiegati passo passo e con chiarezza tutti i concetti di cui aveva bisogno per imparare veramente a programmare. Le altre riviste spesso si limitavano a tradurre articoli di riviste estere, consistenti in massima parte di lunghissimi e incomprensibili listati che uno doveva perdere diverse diottrie per ricopiare al computer, e alla fine se gli andava bene il programma partiva, altrimenti SCUSA TANTO, RICONTROLLA PURE TUTTO LETTERA PER LETTERA CHE INTANTO COMUNQUE TI STAI PREPARANDO UNA CARRIERA DA DATTILOGRAFO.
Quando invece non c'erano errori, il risultato era entusiasmante |
Commodore Computer Club appena la aprivi ti accorgevi subito che era diversa. L'impaginazione era un po' così, le pagine erano spesso in bianco e nero e di carta riciclata, però... leggevi gli articoli e ti rendevi conto che cominciavi a CAPIRE. C'era la sezione per principianti, con i listati in Basic, ma poi c'era anche la sezione per esperti, con i temuti listatoni fatti di DATA, DATA, DATA... che però qui erano spiegati per filo e per segno, in modo chiaro e pulito.
Molti di questi articoli erano scritti da lettori della rivista, o da ex lettori che erano passati dall'altra parte della barricata in maniera più o meno stabile. CCC invitava continuamente i propri lettori a partecipare alla creazione della rivista, a scrivere articoli "SOLO IN ASCII E POSSIBILMENTE SCRITTI CON EASYSCRIPT" e a spedire i propri programmi alla redazione, così che alla fine più che una rivista era un "giornalino del club", un club a diffusione nazionale a cui tutti potevano accedere, attingere e partecipare.
Si notava molto questa cosa, si vedeva che gli articoli erano scritti, oltre che da ottimi professionisti, anche da semplici appassionati, da gente che come te stava imparando e che quindi ti parlava condividendo la tua situazione e la tua passione, e forse anche per questo il linguaggio era sempre immediato e comprensibile.
In quel periodo molti editori fecero fortuna piratando i programmi e i giochi esteri e rivendendoli in edicola, certi dell'impunità dovuta alla mancanza, all'epoca, di leggi specifiche contro la pirateria informatica. La Systems dal suo canto decise con coerenza e coraggio di continuare a puntare sui programmatori che lei stessa contribuiva a formare con le proprie riviste, pubblicandone le creazioni in diverse collane editoriali.
Del resto però era difficile non cadere in tentazione... |
Il periodo d'oro della Systems finì con la fine del C64, macchina a cui si era ormai indissolubilmente legata. Commodore Computer Club non riuscì a diventare la rivista di riferimento dei programmatori Amiga come lo fu per quelli del C64.
Forse perché l'Amiga era una macchina troppo più complessa e ostica rispetto al C64, e quindi non poteva più essere "spiegata" con la stessa semplicità. Forse perché nel frattempo l'editoria italiana si era svegliata e allettava da più parti i neoutenti dell'ultima arrivata, con proposte anche molto valide (ad esempio l'ottima Amiga Magazine). Forse perché in quel periodo cominciavano a diffondersi le BBS e tramite esse le produzioni della scena demo, che diventò il nuovo punto di riferimento, sicuramente più underground e meno accessibile, per gli smanettoni più incalliti.
L'ultimo vero home computer |
Ma per un breve attimo di storia "informatizzare" significò insegnare a tutti - e in maniera chiara e semplice - cos'era il linguaggio macchina, come funzionavano i registri di sistema, perché era meglio scrivere un codice rilocabile piuttosto che uno ad indirizzamento assoluto.
Giornalismo informatico oggi: special di 32 pagine "COME RIORGANIZZARE LE CANZONI NELL'IPOD" |
Se non ci fosse stata la Systems, se Commodore Computer Club non fosse mai stata pubblicata, probabilmente tutta una generazione di appassionati si sarebbe arenata al Basic del Commodore 64 e lì sarebbe rimasta, e probabilmente le realtà come Simulmondo, Genias e le altre non sarebbero mai nate, o sarebbero nate molto dopo.
Ma Simulmondo e colleghe saranno materia di altri post. Per ora chiudiamo ricordando che, in ambito videoludico, Systems probabilmente sarà ricordata, oltre che per i giochini di Dylan Dog e di Zagor, anche e forse soprattutto per aver pubblicato qui in Italia, nel 1994, un gioco shareware di un'allora semisconosciuta software house. Quella software house era ID, e quel gioco era DOOM.
DOOM! |
Systems Editoriale è sopravvissuta, oggi si chiama Systems Comunicazioni e si occupa principalmente di software che vanno dal CAD alle traduzioni alla didattica. Recentemente (2008) il fondatore di Systems, Michele Di Pisa, è stato intervistato da Roberto Nicoletti di Ready 64, e consiglio caldamente a chiunque sia anche lontanamente interessato all'informatica italiana degli albori di leggersi l'intervista, davvero ricca di dettagli e curiosità sulle vicende dell'epoca.
Michele Di Pisa, il padre dell'informatica in Italia |
Bello! mi e' piaciuto... :)
RispondiEliminaGrazie grazie, a presto (lavoro permettendo) per SIMULMONDO e GENIAS
RispondiEliminaGran bel post, Bruno
RispondiEliminaGrazie boss, mi raccomando leggere pure l'intervistona su ready64 che contiene rivelazioni superscottantissime!
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